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Nelle notti d’agosto mi sono appassionato ancora di più all’astro-imaging, ovvero alla acquisizione di oggetti nel cielo (satelliti artificiali, meteore, aerei) tramite l’uso della webcam. In particolare, è da tempo che mi sto focalizzando sul monitoraggio del cielo stellato per vedere quali oggetti transitano. Dispongo di una webcam per visione notturna, non quella a raggi infrarossi, ma una che utilizza un sensore CMOS per bassissima illuminazione. Questa webcam è connessa, tramite USB, ad un PC portatile dove il software di acquisizione Sharpcap 3.1 (scaricabile gratuitamente da Internet) controlla il settaggio della webcam (esposizione, n.frames acquisiti/sec. …) e rende possibile controllare la qualità dell’immagine (luminosità, contrasto, saturazione del colore, bilanciamento
del bianco …). La webcam è installata su un cannocchiale che ho costruito e che è in grado di fornirmi bassissimi ingrandimenti (4x) ma un campo visivo molto grande (116 mm). Durante le serate del 12 e 17 agosto, sono riuscito a “catturare” due eventi, le cui immagini sono riportate in questo articolo. Quindi, ho scritto questo articolo per mostrare le immagini delle stelle cadenti e, nel contempo, ho cercato di spiegare nel modo più semplice possibile il funzionamento della webcam che ho usato. Inoltre, ho anche spiegato le differenze tra CMOS e CCD, che sono i sensori comunemente presenti in smartphone, PC (CMOS) e accessori per astrofotografia (CCD).

fig 1

CCD vs. CMOS

Attualmente esistono due tipi di sensori adibiti all’acquisizione delle immagini: CMOS (Complimentary Metal Oxide Semiconductor) e CCD ( Charged Coupling Devices). I primi vengono montati su videocamere digitali, cellulari e macchine fotografiche digitali a basso costo, mentre i secondi, si trovano su fotocamere professionali (come quelle impiegate per fare astrofotografia), ma entrambi svolgono la stessa funzione: convertire la luce in cariche elettriche. In base ai punti di forza e debolezza di ciascun sensore, si sono sviluppati differenti ambiti di applicazione su varie strumentazioni. I CCD, grazie al loro maggiore intervallo di spettro e alla possibilità di poter
sostenere lunghi tempi di esposizione, sono i sensori preferiti per i telescopi astronomici. Infatti i  CCD sono molto adatti per il rilevamento di immagini astronomiche, nelle quali c’è poca luce a disposizione. Un esempio è il telescopio spaziale Hubble, orbitante a 600 Km dalla Terra, il quale, tra le varie fotocamere in suo possesso, annoverava la Wide Field-Planetary Camera (WFPC, fotocamera planetaria ad ampio raggio) costituita da ben quattro sensori di 800×800 pixel in tecnologia CCD. Nel 2009 tale sensore è stato sostituto con il WFC 3, una fotocamera CCD di più recente tecnologia, formata da due sensori CCD 2048×4096 (foto 2).

fig 2

Per la loro qualità d’immagine particolarmente elevata, i sensori CCD sono preferiti nelle fotocamere di elevate prestazioni e in molti ambiti scientifici e industriali, come la già citata astronomia, ma anche la biomedica, la spettroscopia, l’ispezione industriale e altri. I sensori CMOS, il cui vantaggio sta nell’avere un sistema complessivamente meno ingombrante e soprattutto un basso consumo di potenza complessivo, trovano applicazioni principalmente in ambito commerciale, come quello delle fotocamere dei cellulari, che richiedono bassi consumi di energia per motivi di portabilità e di durata della batteria, e delle videocamere in generale, anche quelle di sicurezza. I sensori CMOS hanno anche iniziato a prendere piede nelle macchine fotografiche digitali reflex di ultima generazione soppiantando i CCD. Non bisogna dimenticare che anche i sensori CMOS, se ben progettati, possono avere una buona qualità d’immagine. Come risultato, è ragionevole affermare che i CMOS e i CCD rimarranno due differenti tecnologie che
conviveranno in parallelo per molto tempo.

Come funziona il CCD

Il funzionamento di un sensore CCD può essere spiegato facendo una similitudine “idraulica” e cioè immaginando che la luce sia la pioggia che viene raccolta da una serie di secchi (pixel) disposti in righe e colonne. Ogni secchio è esposto alla pioggia nello stesso intervallo di tempo, e raccoglie una certa quantità di acqua. Dopodiché, viene misurata quanta acqua è stata raccolta (voltaggio) mediante lo svuotamento dei secchi, uno adiacente all’altro. Alla fine, un dispositivo elettronico leggerà il voltaggio totale (volume d’acqua raccolto da tutti i secchi) (foto 3).

fig3

Il CCD è formato principalmente da due parti: la matrice di pixel (o pixel array) ed il filtro di luce (color filter) (foto 4). La matrice di pixel è costituita da condensatori metallo-ossidosemiconduttore (MOS) disposti a scacchiera, uno accanto all’altro, che in determinate condizioni, per mezzo dell’effetto fotoelettrico possono liberare elettroni sfruttando l’energia dei fotoni della luce incidente il condensatore. Il secondo è un filtro che permette, su ogni singolo pixel, solo il passaggio di determinate frequenze di luce (solitamente rosso, verde o blu), consentendo, dopo una opportuna fase di rielaborazione dei dati, una visione dell’immagine a colori. Il filtro più
comune è quello di Bayer, dove i filtri dei colori primari rosso, verde e blu sono disposti come nella foto 5 .

fig 4

fig 5

I pixel adibiti alla ricezione del blu sono disposti in una matrice 4×4 con il primo pixel attivo in alto a sinistra, mentre per il rosso il pixel attivo è in basso a destra (foto 5 figure in basso). Il colore verde viene invece elaborato secondo la disposizione di figura. Infine, la ricostruzione dei colori che comporranno l’immagine finale viene affidata ad un algoritmo che approssima il colore in base alle
intensità dei colori primari dei pixel adiacenti.
La conversione del segnale da analogico a digitale, infine, è affidata a un convertitore A/D che solitamente è esterno al sensore. Bisogna far notare che il risultato finale che si vuole ottenere è quello di trasformare un segnale luminoso in uno digitale, in modo tale che i dati in seguito possano essere elaborati da un calcolatore o da altri opportuni circuiti connessi al sensore.

Come funziona il CMOS

Il sensore CMOS funziona in maniera diversa. Il sensore attivo C-MOS, o Active Pixel Sensor, è un sensore d’immagine che, a differenza del CCD, contiene gran parte delle funzionalità necessarie in ogni singolo pixel, sfruttando appunto la tecnologia C-MOS. Le principali parti di un sensore C-MOS sono: il filtro di colori, la matrice di pixel, il controllore digitale e il convertitore analogico-digitale
(foto 6). Il sensore e’ costituito da un circuito integrato e una matrice di pixel. Ciascuno di questi contiene un sensore di luce e un amplificatore di segnale. Inoltre, sempre nello stesso circuito integrato, sono allocati anche un convertitore analogico-digitale e un controllore digitale. La luce arriva attraverso le lenti dell’obiettivo e viene elaborata dal filtro di colore prima di raggiungere la
matrice di pixel. Una volta che la luce filtrata raggiunge la matrice, ogni singolo pixel converte la luce in una tensione amplificata che verrà elaborata dal resto del sensore.

fig 6

La matrice di pixel

La matrice di pixel consiste in milioni di pixel sensibili alla luce disposti a scacchiera e responsabili della cattura della luce filtrata in precedenza (foto 7). Lo stesso pixel in seguito, sempre sfruttando l’effetto fotoelettrico, convertirà l’intensità di luce in un segnale di tensione già amplificato che poi sarà trasmesso al convertitore analogico digitale.

fig 7

Il convertitore analogico-digitale (Analog-to-Digital Converter)

Il convertitore analogico-digitale è quel dispositivo elettronico che ha il compito di trasformare il segnale analogico in uscita dalla matrice del sensore in un segnale digitale che sarà inviato ad un elaboratore di immagine esterno al sensore, che provvederà a elaborare il segnale digitale in un formato visualizzabile all’utilizzatore finale.

Controllore digitale (digital control)

Il controllore digitale è l’insieme dei circuiti adibito alla gestione e alla regolazione della matrice di pixel. E’ costituito da diverse parti, tra le quali anche il generatore di segnale e l’oscillatore, che permettono la sincronia di lavoro di ciascun pixel con gli altri. Inoltre è il controllore a determinare quando iniziare la rilevazione di luce e quando concluderla.

Le Stelle Cadenti

Quello che si vede sotto è un fotogramma catturato il giorno 12 agosto alle ore 22:02 della scia di una stella cadente proveniente dal settore N del cielo sopra dove abito (Denore) e che ha coordinate 44° 49′ 39” 72 di latitudine e 11° 37′ 18” 12 longitudine  (probabilmente appartiene allo sciame delle Perseidi).

fig 8

Nel fotogramma sottostante si vede una meteora, catturata il 17 agosto alle ore 22:13 proveniente da sud-sud-est sempre a Denore presso la casa dove abito.

fig 9

Il sensore CMOS utilizzato per l’acquisizione delle stelle cadenti

Il sensore CMOS AR0130 1/3 è formato da una matrice di 1280×960 pixel ed ha una superficie di 1/3 pollice. La foto 8 mostra questa matrice al centro ed attorno i circuiti elettronici del suo funzionamento. Questo sensore è dotato di un sistema di controllo dell’esposizione, della risoluzione e della scelta di filmare un flusso continuo di immagini e singoli shots fotografici sia in bianco/nero
che a colori.

fig 10

fig 11

La Webcam

La webcam (foto 9) è dotata di una lente a lunghezza focale F=2.1 mm (f=3,6 mm e diametro 9 mm) e monta un sensore AR0130 1/3 CMOS; è dotata di un dispositivo per il bilanciamento automatico del bianco e dell’esposizione. Può acquisire immagini con una risoluzione che va da 640×480 a 1280×960. Le normali webcam, usate per comunicare via Skype ad esempio, vengono identificate con la capacità di catturare oggetti luminosi fino ad un massimo di 0.1 lux, mentre la ELP arriva fino a 0.01 lux. Il Sistema Internazionale (SI) definisce come lux (lx), o unità di illuminamento, quello prodotto da una sorgente puntiforme avente l’intensità di una candela
(unita’ cd nel SI), su una superficie posta ad 1 m di distanza, perpendicolarmente ai raggi.

fig 12

Dati tecnici dell’obiettivo

La webcam è montata su di un cannocchiale costruito da me (foto 10). Quest’ultimo l’ho ricavato da un video proiettore rimuovendo le lenti che non erano necessarie (lente ad occhio di pesce), cioè tutte quelle lenti che non mi consentivano di vedere a fuoco un oggetto. Quindi, all’interno si trova solo una lente e la webcam, completa della sua lente. La lente dello strumento ha diametro 116 mm e distanza focale f=220 mm con rapporto focale 2 e potere risolutivo 1.03. Il rapporto tra la lunghezza focale dell’obiettivo e dell’oculare (220/50 mm) dà un ingrandimento di 4.4x.
La webcam è installata nella parte posteriore della lente tramite un adattatore progettato e stampato in 3D da me (foto 11). La messa a fuoco è manuale, nel senso che per vedere distintamente i puntini luminosi sullo schermo del PC, dopo aver inquadrato la zona del cielo che mi interessava riprendere, rimuovevo la webcam dal cannocchiale e ruotavo la lente della webcam finché non vedevo questi puntini luminosi (le stelle, per l’appunto).

fig 13

fig 14

Software di controllo acquisizione immagine – Sharpcap 3.1

fig 15

Il software di acquisizione e gestione delle immagini è SharpCap 3.1, facilmente scaricabile da Internet. Questo software è ideale per l’astro-imaging planetario, lunare, solare e del profondo cielo (nebulose, ammassi galattici …). E’ dotato di una interfaccia grafica la cui semplicità lo rende adatto sia per chi si è avvicinato all’astro-imaging da poco che per l’utente esperto. Di seguito ho riportato le principali caratteristiche del software, per maggiori info si veda il sito https://www.sharpcap.co.uk/

Caratteristiche

fig 16

Videocamere astronomiche supportate

•Altair Astro cameras
•Basler cameras that use the Basler Pylon drivers, including unique LX mode
•Celestron/Imaging Source cameras
•iNova cameras
•Point Grey (now FLIR) cameras
•QHY cameras
•StarlightXpress Cameras
•ZWOptical cameras
•Other brands that have an ASCOM driver

Webcam supportate

•Almost all webcams
•Most frame grabbers
•Special support for adjusting parameters of the SPC900 webcam in the settings panel
•LX modified SPC900 cameras (SharpCap 3.0 and earlier versions)

L’interfaccia grafica

fig 17

La schermata principale (foto 12) consiste di sei aree “permanenti” e una “temporanea”. Le aree “permanenti” sono:
1. Menu del titolo – mostra le videocamere attive e la cartella dove andranno salvati i files
2. Barra del menu – fornisce accesso alle funzioni di SharpCap
3. Barra degli strumenti – fornisce accesso ai comandi usati di frequente.

Quando un’acquisizione è terminata, una barra di notifica appare per segnalare dove è stata salvata e cliccandoci sopra si può già vedere il risultato.

fig 18

4. Area di acquisizione – mostra l’immagine dell’oggetto attualmente inquadrato.
5. Pannello di controllo – fornisce accesso a tutti i controlli disponibili della videocamera/webcam selezionata. I controlli visualizzati  dipenderanno dal tipo e dal modello utilizzato.
6. Area di lavoro – viene usata per la visualizzazione di strumenti come: istogramma delle immagini, messa a fuoco e live stacking
7. Barra di stato – fornisce informazioni sui frames acuqisiti/salvati e il frame rate.
Durante un’acquisizione, una barra di avanzamento viene mostrata, così da indicare a che punto si trova l’acquisizione.

fig 19

L’area “temporanea” è costituita dalla barra delle notifiche già vista al punto 3.
Ad ogni acquisizione, SharpCap crea nella cartella delle immagini acquisite (impostabile prima di iniziare), un file di questo tipo:
[USB Camera (#2)]
Resolution=1920×1080
FPS=30.00
Colour Space=MJPG
Output Format=AVI files (*.avi)
Frame Rate Limit=Maximum
Exposure=500.0ms
Brightness=1
Contrast=50
Hue=1
Saturation=0
Sharpness=4
dove sono salvate tutte le impostazioni della videocamera/webcam. Qui io ho riportato alcune delle impostazioni che vengono elencate nel file, a titolo informativo. Queste sono quelle che mi hanno permesso di acquisire le meteore del 12 e 17 agosto.
Per informazioni generali legate alle stelle cadenti (periodo di osservazione, natura delle stelle cadenti e altri argomenti di carattere astronomico), potete contattare gli amici dell’Associazione Astrofili Centesi al sito http://www.astrofilicentesi.it/ o all’indirizzo astrofilicentesi@gmail.com.
Se ne volete sapere di più sulla webcam che ho usato, il software utilizzato e la progettazione dell’adattatore, mi potete contattare all’email andrea.bigoni.nl@gmail.com oppure visitare la pagina della documentazione tecnica di SharpCap:  https://docs.sharpcap.co.uk/2.9/

Articolo scritto da Andrea Bigoni –
Membro dell’Associazione Astrofili Centesi


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