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Negli articoli precedenti abbiamo visto cosa sono le onde elettromagnetiche, in quali gruppi vengono divise e in quali modi una sorgente emette nelle diverse bande.

Adesso ci addentreremo ancora più nel dettaglio. Andremo infatti all’interno di un atomo, a vedere cosa succede quando viene emessa o assorbita radiazione.

L’ATOMO

Facciamo il giro largo. Partiamo dalle sostanze. Cosa sono le sostanze? Sono, fondamentalmente, i materiali, solidi, liquidi o gassosi che siano, con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, in ogni momento. L’acqua è una sostanza, ad esempio. Possiamo avere sostanze semplici, come appunto l’acqua, o composti, formati da più sostanze (ad esempio il vino: acqua, alcool, zucchero…). Prendiamo l’acqua. E chiediamoci da cosa è formata: sappiamo bene o male tutti che la formula chimica dell’acqua è H2O. Cosa significa? Significa che l’acqua è una molecola formata da 3 atomi, due di idrogeno (simbolo chimico H) e uno di ossigeno (simbolo chimico O). Quindi, un composto può essere suddiviso in sostanze, che possono essere formate da molecole, e le molecole sono formate da atomi. Possiamo andare oltre? Per molto tempo si pensò di no. Il termine “atomo” viene dal greco ἂτομος (àtomos), che significa indivisibile. Si pensava, cioè, che gli atomi fossero i mattoncini ultimi della materia. Ci sono tanti diversi tipi di atomo, abbiamo appena visto l’idrogeno e l’ossigeno, ma c’è ad esempio l’atomo di elio, di carbonio, di azoto, e così via. Tutti questi nomi sono i nomi degli elementi. Ogni elemento chimico è identificato dal suo atomo. Ma se l’atomo è il mattone ultimo della materia, perché ne esistono di così tanti tipi? Oggi la tavola periodica degli elementi, una sorta di tabella che ordina secondo particolari criteri gli elementi conosciuti, conta circa 120 elementi, tra naturali e artificiali.

tavola-periodica-degli-elementi

Immaginando per un attimo che l’atomo sia una pallina, è davvero possibile che la natura formi così tante palline diverse come ingredienti di base? Pensiamo per un attimo alla cucina: gli ingredienti base di un dolce sono farina, latte, uova, zucchero, creme di vari gusti. Combinandoli, si possono ottenere dolci di tutti i tipi, dai più semplici a quelli elaborati di alta pasticceria. Ma gli ingredienti base sono veramente pochi, rispetto agli innumerevoli dolci che ci si può preparare. Quindi sembra strano che ci siano 120 ingredienti base per la materia. E infatti, agli inizi del Novecento, si scoprì che l’atomo non era affatto l’ultimo mattone della materia, ma era scomponibile in particelle ulteriori, le cosiddette particelle subatomiche. Non ci addentriamo, almeno per il momento, nei vari modelli di atomi che sono stati costruiti man mano che gli studi venivano approfonditi; per ora ci serve sapere che un atomo è formato da tre particelle: protoni, neutroni ed elettroni.

I protoni sono particelle pesanti (relativamente a quella che può essere la massa di una particella subatomica, ovviamente) di carica elettrica positiva +1 (in una certa unità di misura in cui non ci addentriamo).

I neutroni pesano all’incirca quanto i protoni, ma come dice il nome stesso sono neutri, cioè privi di carica.

Gli elettroni sono invece leggerissimi, pesano circa mille volte meno del protone e del neutrone, e sono carichi, con carica elettrica negativa -1.

La differenza di peso tra queste particelle risiede nel fatto che se gli elettroni sono effettivamente particelle elementari (quindi un vero e proprio ingrediente base della materia), protoni e neutroni sono a loro volta scomponibili in ulteriori particelle, chiamate quark.

Protoni e neutroni sono infatti formati da 3 quark, di due tipi: up (u) e down (d). Il protone è formato da 2 u e 1 d (cariche: +2/3 +2/3 – 1/3 = +3/3 = +1) e il neutrone da 1 u e 2 d (cariche: +2/3 -1/3 -1/3 = 0/3 = 0).

I protoni e i neutroni sono uniti a formare il nucleo centrale dell’atomo. Ci sono particolari forze in gioco, in questa struttura, che fanno sì che i protoni non si respingano gli uni con gli altri (sono tutte cariche positive, in fondo).

Gli elettroni si trovano intorno al nucleo, a una distanza che è veramente grande sul totale delle dimensioni dell’atomo.

Dove sono gli elettroni? Dopo aver raffigurato per anni gli atomi come piccoli “Sistemi Solari” con il nucleo al centro come il Sole e gli elettroni a ruotargli intorno come pianeti, gli sviluppi della fisica, soprattutto della quantistica, ha portato a capire che gli elettroni si trovano in regioni intorno al nucleo chiamati orbitali.

ELETTRONI ED ORBITALI

Fermiamoci un attimo: non abbiamo ancora risposto alla nostra domanda, cioè a perché gli atomi sono così tanti e cosa li differenzia. Presto detto: il numero di protoni e di elettroni che li compongono. Tornate su, nella tavola periodica: oltre al simbolo chimico dell’elemento, salta agli occhi un numero progressivo (1 per l’idrogeno, 2 per l’elio, 3 per il litio e così via).

Questo numero si chiama numero atomico. È il numero di protoni che l’atomo dell’elemento in quella casella ha nel nucleo. Quindi nel nucleo dell’atomo di idrogeno c’è un protone, nel nucleo dell’atomo di elio ce ne sono 2, in quello dell’atomo di litio ce ne sono 3, e così via. Qualunque sia il numero di neutroni e di elettroni di un atomo, se ci sono, ad esempio, 3 protoni nel nucleo, si può star certi che quello è un atomo di litio.

Una volta fissato il numero di protoni, può cambiare il numero di neutroni: questo porta ad avere i cosiddetti isotopi. La parola isotopo significa pressappoco “stesso posto”, perché in effetti indica atomi “diversi” ma che si posizionano nella stessa casella della tavola periodica, perché sono tutti atomi dello stesso elemento caratterizzati da quel dato numero di protoni. Ad esempio, sulla casella 1 trovano posto 3 diversi atomi: quello di idrogeno “vero e proprio”, con un protone e zero neutroni; quello di deuterio, con un protone e un neutrone; quello di trizio, con un protone e due neutroni.

Anche se si parla di deuterio e trizio, è comunque sempre idrogeno, perché nel nucleo c’è sempre un solo protone.

Può poi cambiare il numero di elettroni. Generalmente, la materia è neutra: significa che ci sono tanti protoni quanti elettroni, così che le cariche elettriche positive e negative interne all’atomo sono bilanciate. Quindi 1 elettrone per l’idrogeno, 2 per l’elio, 3 per il litio e così via.

Può succedere però che un elettrone venga perso: a questo punto, la carica positiva di un protone non è bilanciata, e l’atomo non è più neutro, ma di carica +1. Si dice che l’atomo è ionizzato: in particolare, in questo caso è uno ione positivo (catione).

Ma può anche succedere che l’elettrone venga catturato da un atomo: in questo caso è lui a non essere bilanciato, e l’atomo complessivamente ha carica negativa. È uno ione negativo (anione).

Poi la materia tende a unire tra loro uno ione negativo e uno positivo in modo da ottenere una molecola (basta che ci siano due atomi legati, anche dello stesso elemento, e si ha già una molecola) neutra.

Comunque, è in questo movimento degli elettroni che risiede l’origine degli spettri.

Scendiamo proprio dentro all’atomo, in quelle regioni chiamate orbitali dove risiedono gli elettroni.

LA REGOLA DELL’OTTETTO

Prima di tutto, capiamo come si posizionano gli elettroni negli orbitali.

Prendiamo un elettrone, e diamogli un nome per seguirlo: chiamiamolo Elettrone A, per gli amici A.

Abbiamo un nucleo atomico con 10 protoni, quindi carica + 10 (è l’atomo di neon). Avviciniamo A a questo nucleo: lui sente 10 cariche che lo attraggono e si fionda verso il nucleo. Scenderà nell’orbitale più vicino al nucleo che riesce a trovare. Gli orbitali vengono indicati da una serie di numeri, i numeri quantici. L’orbitale più vicino al nucleo dell’atomo è identificato da numero quantico principale (n) = 1. Fingiamo di essere dietro a costruire noi a mano l’atomo, mettendo gli elettroni uno alla volta. A è il primo: si fionda subito nell’orbitale n=1 (chiamiamolo orbitale 1, per capirci) e lì solo le forze interne all’atomo lo “fermano” impedendogli di andare a cozzare sui protoni. Si capisce però che sta “fremendo”: e questo “fremere” si traduce in un contenuto energetico molto alto per l’elettrone A. Significa che se adesso volessimo richiamarlo indietro, togliendolo dal suo orbitale, dovremmo fornirgli moltissima energia.

Cominciate a ricordare adesso che si è parlato di energia anche per le onde elettromagnetiche…

Comunque, adesso prendiamo l’elettrone B. Lo mettiamo nell’atomo. Si fionda anche lui nell’orbitale 1, insieme ad A. Se torniamo per un attimo a pensare all’atomo come a un piccolo sistema solare in cui gli elettroni sono i pianeti, vediamo che oltre a ruotare intorno al Sole-nucleo, ruotano anche su loro stessi: è una rotazione indicata con il numero quantico di spin, s. Se B deve stare nell’orbitale 1 con A, deve ruotare su sé stesso in senso opposto. A parte questo, però, A e B sono insieme nell’orbitale 1. Cosa cambia? Cambia che adesso se volessimo togliere uno dei due elettroni inseriti, dovremmo dargli un po’ meno energia di quella che dovevamo dargli prima. Perché adesso la carica che sentono sia A che B è +9: +10 dei protoni nel nucleo e -1 dell’altro elettrone (A sente il -1 di B e B il -1 di A). Quindi è come se ci fosse una carica in meno ad attrarli; possiamo permetterci di dare un po’ meno energia. Tolto uno dei due, quello rimasto sente però di nuovo +10, e quindi ecco che ritorna a chiederci l’energia che ci chiedeva prima quando era da solo.

Ma adesso non ci importa di toglierli. In n=1 ci stanno solo 2 elettroni. Ma noi vogliamo fare l’atomo di neon neutro. Dobbiamo metterne altri. Mettiamo l’elettrone C. Non può scendere nell’orbitale 1, e deve quindi fermarsi in quello immediatamente più esterno, identificato da n=2. Nell’orbitale 2 possono entrare fino a 8 elettroni, ma ricordate la regola dello spin opposto di prima? Si deve quindi suddividere l’orbitale 2 in 4 sotto-orbitali, descritti da altri numeri quantici, e in ciascuno dei 4 troverà posto una coppia di elettroni aventi spin opposto.

Tra i 4 sotto-livelli, C andrà comunque in quello più interno che trova. Tuttavia, è più lontano dal nucleo di A e B; in più, essendoci A e B, lui sente carica +8. Quindi, C sente una carica +8 attrarlo da una distanza maggiore di quella da cui A e B si sentono attratti da carica +9. Vien da sé che serve molta meno energia per togliere C, piuttosto che per togliere A o B.

Acceleriamo un po’ i tempi: dopo C mettiamo D che va a far coppia con C, poi E che andrà sempre nell’orbitale 2 ma nel sotto-livello immediatamente superiore a quello di C e D, poi F andrà con E, eccetera, fino all’elettrone H che andrà a completare, con G, l’orbitale 2.

Se prendessimo il sodio, numero atomico 11, potremmo piazzare un elettrone in più, che andrebbe a posizionarsi in un orbitale con n=3, e così via. Il senso generale è che serve sempre meno energia per togliere gli elettroni dalla loro posizione, man mano che si viene all’esterno. E questo servirà tenerlo presente.

Per ora notiamo un’altra cosa: gli atomi cercano di avere sempre l’orbitale più esterno completo. Non gli piace avere “buchi”. Se in un orbitale c’è almeno un elettrone, allora l’atomo cerca o di liberarsi degli elettroni presenti o di acquistarne per completare l’orbitale iniziato.

Ad esempio, il sodio abbiamo detto che ha un solo elettrone in n=3. Lo cede quindi volentieri, per poter rimanere con, all’esterno, l’orbitale 2 completo. Prendiamo invece il cloro, numero atomico 17. Significa che ha 17 protoni e, neutro, 17 elettroni. Come sono disposti? 2 nell’orbitale 1, 8 nell’orbitale 2 e gli ultimi 7 nell’orbitale 3. Piuttosto che cedere 7 elettroni, il cloro è molto più propenso a riceverne uno, così da completare l’orbitale 3 con tutti e 8 gli elettroni che può contenere. L’elettrone desiderato dal cloro il sodio non vede l’ora di cederlo, l’abbiamo appena visto: ed ecco che cloro e sodio, appena possono, si uniscono, con il sodio che cede l’elettrone (e diventa un catione, perché ha 11 protoni e 10 elettroni) e il cloro che diventa un anione (17 protoni e 18 elettroni). L’orbitale più esterno del sodio, ora, è il 2, completo con 8 elettroni. E completo con 8 elettroni è l’orbitale più esterno del cloro, il 3. I due atomi sono tutti e due “contenti”, uno è positivo e l’altro negativo e insieme stanno benissimo. La molecola che ne risulta è incredibilmente stabile, e la conosciamo tutti: è il cloruro di sodio, il comunissimo sale da cucina.

Allo stesso modo funziona la molecola dell’acqua: l’ossigeno ha numero atomico 8. Quindi ha 8 elettroni da sistemare: 2 sono nell’orbitale 1, gli altri 6 nell’orbitale 2. L’ossigeno preferisce prendere 2 elettroni piuttosto che cederne 6, anche perché, come abbiamo visto, più ne togli più serve energia per toglierne ancora. Ed ecco che due atomi di idrogeno gli danno un elettrone ciascuno: l’ossigeno va a 8, completando l’orbitale, gli idrogeni vanno a zero, e si ha uno ione negativo (ossigeno) di carica -2 e due ioni positivi, gli idrogeni, di carica +1: H2O, l’acqua, è alla fine neutra (anche se le cariche sono leggermente “spostate” generando una serie di proprietà dell’acqua che però esulano da questo articolo).

ELETTRONI E RADIAZIONI

Avevo detto che il giro l’avremmo preso largo; ma adesso ci stiamo avvicinando veramente. Perché se abbiamo già spiegato che per togliere elettroni dobbiamo dare energia, viene da sé che quando l’atomo l’elettrone lo acquista l’energia la cede. E in questo prendere e dare energia degli elettroni degli atomi hanno origine gli spettri e le radiazioni.

Ricordo qui che si era parlato del dualismo onda-corpuscolo: la radiazione è sì un’onda elettromagnetica, ma all’occorrenza emerge un lato “particellare” attraverso quelle particelle costituenti di una radiazione, i fotoni.

E i fotoni hanno una certa energia, come tutte le particelle: energia che si traduce in una data frequenza e in una data lunghezza d’onda della radiazione, per la correlazione che lega E a ν e λ (si vedano gli articoli precedenti).

E quindi come possiamo dare energia a un elettrone per toglierlo? Lanciando verso l’atomo un fotone, una radiazione, avente almeno quella certa energia. Se poi gliene diamo di più, l’elettrone userà il surplus per la velocità di allontanamento dall’atomo; ma basta che gli diamo la giusta quantità di energia, e l’elettrone lascia l’atomo.

Se, invece, l’elettrone va a legarsi all’atomo, restituisce l’energia che aveva, generando un fotone di una certa energia, e quindi una radiazione con una certa E, ν e λ.

Quando il fotone cede energia all’elettrone, nel primo caso, il fotone viene “assorbito” dall’atomo. Quando, invece, viene prodotto un fotone, questo viene emesso.

Da qui gli spettri ad assorbimento e quelli a emissione:

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Negli spettri ad assorbimento, il fondo è dato da tutte le λ della radiazione che arrivano, con delle righe scure sovrapposte: queste righe corrispondono alle λ dei fotoni che avevano l’energia giusta e che quindi sono stati catturati dall’atomo. Questi fotoni sono stati “sottratti”, e compare la riga scura.

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Negli spettri ad emissione, il fondo è nero. Non c’è radiazione, tranne per quelle onde a λ fissate , corrispondenti all’energia dei fotoni rilasciati da un atomo in cui un elettrone si è legato. E compaiono le righe luminose su fondo nero.

Finora si è parlato di elettroni presi o tolti, dunque di atomi che diventano ioni, e perciò le energie in gioco si chiamano energie di ionizzazione.

Tuttavia, gli elettroni non devono necessariamente lasciare l’atomo o unirsi a esso: possono anche muoversi “su e giù” tra i diversi orbitali. Se salgono, devono cedere l’energia che avevano in più (ti allontani dal nucleo) e si ha emissione. Se invece scendono, devono guadagnare l’energia che gli manca per poter stare più all’interno, e si ha l’assorbimento. Per chiarire, facciamo un esempio numerico con numeri che servono SOLO per capire: mettiamo che nell’orbitale 1 l’energia sia 10 e nel 2 sia 5. Allora, se l’elettrone vuole salire da 1 a 2, deve perdere 5, e viene quindi emesso un fotone di energia 5; se, invece, l’elettrone vuole scendere da 2 a 1, deve guadagnare 5, e un fotone di energia 5 deve quindi essere assorbito.

Perché possano scendere e salire deve ovviamente esserci uno spazio disponibile nell’orbitale di arrivo; non trattiamo qui, però, da dove viene questo spazio.

Ecco le righe degli spettri, quelle che vengono elaborate dalla spettroscopia.

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Questo è un esempio di spettro che può essere trattato. È lo spettro di una stella, si vede un profilo di fondo, chiamato continuo, che è un po’ la campana di corpo nero della stella, con picchi che si alzano (righe di emissione) e avvallamenti che scendono (righe di assorbimento).

LE INFORMAZIONI DI UNO SPETTRO

Ancora un poco di pazienza: dobbiamo vedere adesso perché sono così importanti queste righe, questi spettri. Prendiamo lo spettro stellare qui sopra. Abbiamo visto nell’articolo precedente (“Meccanismi di Emissione”) che dal continuo di corpo nero, in particolare dalla posizione del suo picco, si ricava la temperatura della sorgente. Questa è una stella con picco a λ = 5000 Å , quindi la sua temperatura superficiale è intorno ai 9000 gradi.

Il continuo ci dà quindi alcune informazioni. Ma importantissime sono quelle delle righe: ci danno infatti la lista degli elementi chimici che la radiazione della stella attraversa nel raggiungerci: quindi gli elementi della superficie della stella, della sua atmosfera, anche del gas che permea lo spazio tra noi e la stella.

Una riga in una certa posizione può esserci solo se è presente un dato elemento. Perché?

Lo vediamo subito. Prendiamo due atomi, con un solo elettrone nell’orbitale 1. Mettiamo che uno dei due atomi sia il sodio e uno il litio. Il sodio ha 11 protoni, il litio 3. Quindi, a quale dei due elettroni dovremo fornire più energia per smuoverlo da dov’è? Ovviamente a quello del sodio: lui è attratto da 8 cariche positive in più rispetto a quello del litio.

Quindi a pari numero di elettroni e a pari orbitale, ogni atomo, in base ad esempio al numero di protoni, richiede energie diverse per muovere gli elettroni.

E se finora abbiamo parlato genericamente di energie, in realtà per ogni atomo i numeri in gioco sono ben precisi: la differenza di energia tra gli elettroni dell’orbitale 2 e quelli dell’orbitale 1 avrà un valore fissato diverso tra atomo e atomo, e sarà caratteristico di quel dato elemento. Lo stesso vale per le differenze di energia tra tutti gli orbitali e tra i loro sotto-livelli, e lo stesso vale per le energie di ionizzazione. Ogni atomo ha la sua serie di numeri, corrispondenti alle diverse energie in gioco per i suoi elettroni, che fissano in qualche modo la sua carta di identità.

Una certa riga a una data λ corrisponde a un fotone di data energia: questa energia avrà un valore che sarà presente nella carta di identità di un elemento e solo di quello. Perciò, trovata la riga, trovato l’elemento che la genera. E come nell’esempio di prima, quello di energia 10 ed energia 5, abbiamo visto che l’energia di emissione è pari a quella di assorbimento: l’elettrone doveva assorbire 5 per scendere, doveva emettere 5 per salire. Perciò i fotoni che un atomo assorbe sono quelli che è in grado di emettere. Ricordate nell’articolo precedente (“Meccanismi di Emissione”) la frase in cui si diceva che: “un atomo di qualunque elemento emette fotoni aventi la stessa energia di quelli che può assorbire”? Eccola finalmente spiegata. E per visualizzarla, ritornate su, dove ci sono gli spettri di emissione e assorbimento del sodio: noterete che le righe sono esattamente nelle stesse posizioni in entrambi gli spettri.

La posizione delle righe indica l’elemento, ma viene utilizzata anche per una stima della distanza della sorgente di cui si è estratto lo spettro. Questo e altre informazioni sugli atomi e la loro struttura saranno oggetto del prossimo articolo, “Altre informazioni sugli Spettri Atomici”.


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