






Fino dai tempi più antichi il quotidiano sorgere e tramontare del Sole, il periodico mutamento di aspetto della Luna, il transitare notturno dei pianeti, la regolare comparsa in cielo di alcune stelle in coincidenza con le migrazioni degli animali o con la maturazione dei frutti della terra hanno stimolato l’uomo a cercare di comprendere quali periodicità erano insite nell’apparire di certi fenomeni coincidenti con i suoi costumi di nomade, agricoltore o pastore. Nell’antichità, il cielo conosciuto era quello della Luna e del Sole, dei pianeti visibili a occhio nudo, delle eclissi, delle comete e delle meteore; ma era anche quello della pioggia, del vento, dei fenomeni meteorologici. Non per niente l’astronomo era anche meteorologo: lo stesso Galileo Galilei, a cavallo del 1600, ricoprì la cattedra di “Astronomia e meteore” all’Università di Padova.
La presenza in cielo di eventi eccezionali, come eclissi e comete, ha chiaramente suggerito interpretazioni cosmologiche mitiche favorendo così un miscuglio di astronomia, astrologia e religione.
Fu la nascita della cultura greca che lasciò il primo segno nella storia dell’astronomia. Tutto inizia nei primi anni del VI secolo a.C, con la fondazione da parte di Talete di Mileto, senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza. Infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria, l’osservatore sicurissimo della natura, lo studioso dottissimo delle stelle e della scuola ionica: scienza e religione furono separate e l’aspetto soprannaturale fu rimosso dalle spiegazioni dei fenomeni. Contemporaneamente nasceva nell’Italia meridionale la scuola di Pitagora, che, attribuendo proprietà mistiche a numeri e figure geometriche, reitroduceva concetti religiosi nell’indagine scientifica. Le idee successive dei grandi filosofi (bastino per tutti i nomi di Platone ed Aristotele) e dei grandi astronomi (da Anassagora ad Eudosso, da Aristarco ad Ipparco e a Tolomeo) non prescindevano dai fondamenti e dalle speculazioni comuni alla due scuole più antiche e diedero vita alle grandi scoperte astronomiche dell’antichità: il riconoscimento della Terra come un corpo sferico e isolato nello spazio; le prime misure delle dimensioni della Terra, della Luna e del Sole; la teoria delle eclissi; i primi cataloghi stellari; le costruzioni geometriche capaci di spiegare i moti apparenti dei pianeti. Tuttavia col prevalere delle concezioni mistico-religiose, queste grandi scoperte finirono per cristallizzarsi in tre postulati:
- la Terra, assolutamente immobile, occupava il centro dell’Universo;
- l’Universo è diviso in due mondi: il Cosmo e il mondo sublunare composto di impurità e mutamenti;
- l’unico moto possibile per i corpi celesti è il moto circolare uniforme.
Questa scienza rimase bloccata per secoli dal baluardo insuperabile costituito da tali tre postulati!
L’Astronomia, nei primi inizi, non ebbe altro ausilio strumentale che l’occhio umano. Per misurare il tempo si usava uno gnomone, un bastone piantato nel terreno. Lo gnomone è un’asta verticale infissa nel terreno che nell’antichità serviva per determinare l’ora mediante l’ombra proiettata. Quando l’ombra coincideva con la linea meridiana passante per il piede dell’asta l’ora segnata era il mezzogiorno vero. Lo gnomone è stato inoltre utilizzato per risolvere problemi di fondamentale importanza per l’Astronomia, quali la determinazione della latitudine di un luogo, della obliquità dell’eclittica e della posizione del punto γ.
Con questo termine si intende anche, in generale, lo stilo di un orologio solare, che non è necessariamente verticale. Per osservare le stelle si usava un’alidada, semplice asta munita di traguardi e l’astrolabio. La messa in discussione del sistema tolemaico nasce nel XV secolo con il diffondersi in Italia e in Europa di un nuovo clima intellettuale originato dall’Umanesimo.
Fu in questo ambiente che Copernico si trovò a studiare, prima a Cracovia, poi a Bologna e infine a Padova e a Ferrara. Il libro di Copernico era soprattutto un testo matematico e fu solo più tardi, in Italia, che fisici come Galileo Galilei e filosofi come Giordano Bruno compresero a fondo l’importanza del De revolutionibus. L’utilizzo scientifico della recente invenzione del cannocchiale permise a Galileo l’osservazione nei cieli di cose mai viste prima: stelle invisibili a occhio nudo, la via Lattea, macchie sul disco solare, monti e pianure sulla faccia della Luna, le fasi di Venere e nuovi pianeti intorno a Giove. Tuttavia Galileo fu condannato per aver messo in discussione la Terra come centro dell’Universo e si sviluppò il modello del danese Tycho Brahe, una sorta di compromesso: la Terra era al centro dell’Universo, e la Luna e il Sole le giravano intorno, mentre gli altri pianeti ruotavano intorno al Sole.
Tycho Brahe nacque nel 1546 a Knutstorp, piccolo paese della Scania allora appartenente al Regno di Danimarca.
Il padre, Otte Brahe, era un nobile cortigiano e comandante militare del regno. Anche la madre, Beate Bille, apparteneva alla nobiltà. Entrambe le famiglie erano ricchissime e fra le più importanti della Danimarca. Tuttavia della sua educazione si prese cura lo zio, il viceammiraglio Jørgen Brahe.
Dopo aver concluso gli studi universitari di astronomia a Copenaghen, Wittenberg e Basilea, Tycho fece costruire il palazzo-osservatorio di Uraniborg sull’isola di Hven, che gli venne donata dal Re Federico II di Danimarca e Norvegia saldando così il debito contratto dallo zio, e che divenne uno dei primi “istituti di ricerca” europei. A scopo di pubblicazione, Brahe possedeva una pressa da stampa e una cartiera. Il suo assistente più famoso fu Keplero.
Brahe capì che il progresso nella scienza astronomica poteva essere ottenuto, non con l’occasionale osservazione fortuita, ma solo con un’osservazione sistematica e rigorosa, notte dopo notte, e tramite l’uso di strumenti che fossero i più accurati possibili. Fu in grado di migliorare ed ampliare gli strumenti esistenti e di crearne di nuovi. Le sue misurazioni a occhio nudo della parallasse planetaria erano accurate al minuto d’arco. Queste misurazioni, dopo la morte di Brahe, divennero possesso di Keplero.
Ma nel XVII secolo gli astronomi osservarono un fenomeno non previsto, ma che costituiva l’evidenza della rivoluzione della Terra intorno al Sole. Durante la ricerca della parallasse nel 1726 l’inglese James Bradley osservò un piccolo spostamento nelle coordinate di alcune stelle dovuto alla combinazione della velocità di rivoluzione della Terra con la velocità non trascurabile della luce. Per questo effetto l’immagine di una stella proiettata sulla volta celeste descrive apparentemente in un anno una piccola ellisse. Il fenomeno prende il nome di aberrazione della luce e rappresentò la definitiva affermazione del sistema copernicano. Pochi anni più tardi, il 16 aprile del 1757, la Sacra Congregazione dell’Indice permetterà, finalmente, la libera delle idee mettendo così fine a questo lungo capitolo della nostra storia.






