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Nello spazio ci sono regioni molto dense, chiamate nubi interstellari o nebulose, composte di gas e polveri, nonché da piccolissime particelle solide quali silicati, grafite, ghiaccio, ferro e altri metalli.

La nebulosa si contrae sotto l’azione della gravità formando addensamenti che si scaldano, disperdendo inizialmente calore nello spazio.

In seguito il calore aumenta e i gas iniziano a diventare opachi e sempre più caldi (qualche milione di gradi) per colpa della compressione verso il centro della nebulosa e da qui nasce la protostella, che diventerà una stella vera e propria solo quando al suo centro si innescherà il processo di fusione nucleare in cui i nuclei di idrogeno (il gas presente in maggiore quantità nella nebulosa) iniziano a trasformarsi in elio: 4 protoni danno origine a un nucleo di elio.

La massa dell’elio è inferiore alla massa dei 4 protoni iniziali quindi la massa mancante viene convertita in energia secondo la famosa formula di Einstein (E=mc^2).

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In figura, dall’alto in basso si possono vedere le varie fasi della formazione di un sistema planetario come il Sistema Solare. Dal collasso gravitazionale di una nube di gas e polveri ha origine una stella attorno alla quale è presente un disco di materia che con il tempo tende a condensarsi per dare origine a dei pianeti di varie dimensioni e strutture.

La stella ora si accende e la sua grande energia interna mantiene alta la temperatura dei gas, le cui particelle sono agitate termicamente e permettono una pressione verso l’esterno.

Questa pressione fa sì che la stella non collassi su se stessa, schiacciata dalla forza di gravità che, altrimenti, tenderebbe a disperdere i gas o a farli collassare su loro stessi.

Questo equilibrio è chiamato “equilibrio idrostatico” per cui la forza di pressione e la forza di gravità si sostengono a vicenda per mantenere la stella compatta.

La stella, dal suo nucleo, emette raggi gamma e raggi X che usciranno poi dalla sua superficie (chiamata fotosfera) sotto forma di radiazione ultravioletta, ottica e infrarossa.

Arriva il momento in cui la stella esaurisce l’idrogeno al suo interno (per le stelle grandi questo avviene prima rispetto a quelle più piccole perché la loro gran dimensione fa sì che, per contrastare la forza di gravità, il combustibile bruci più rapidamente).

In questo momento la stella interrompe la fusione nucleare, e la temperatura si abbassa portando la stella a rimpicciolirsi, poiché il suo equilibrio idrostatico viene interrotto, lasciando agire indisturbata la forza di gravità.

A questo punto però la stella, rimpicciolendosi, genera una forte pressione che dà vita ad un nuovo surriscaldamento delle regioni nucleari: dapprima brucia lo strato di idrogeno che circonda il nucleo, poi si riaccende il nucleo, in cui si trasformerà l’elio in carbonio: si avrà quindi un nuovo tipo di fusione nucleare, molto più energetica della precedente.

L’energia prodotta cresce rapidamente e la stella si espande aumentando la sua dimensione di circa 200 volte o più diventando una gigante rossa.

In seguito, la travagliata stella si raffredderà nuovamente e si avvierà verso il suo rapido declino, disperdendo attorno a se gas e polveri e diventando una nebulosa planetaria (porta questo nome perché inizialmente, ai primi astronomi, sembrava di osservare la fase in cui si forma un pianeta ma non ha nulla a che vedere) con, al centro, una stella nana, poco brillante e molto debole detta bianca che a poco a poco si affievolirà sempre più (e la nebulosa attorno alla stella presto andrà a disperdersi nello spazio) diventando una nana bruna, una stella spenta e fredda.

Questa appena descritta è la morte di una stella di piccole/medie dimensioni, come il nostro Sole (il nostro Sole subirà questo processo tra circa 5 miliardi di anni); potremmo definirla una morte silenziosa e indolore.

Le stelle di massa maggiore, invece, hanno un destino molto più crudele.

Il loro processo di spegnimento è uguale alle stelle minori fino al punto in cui esse arrivano a bruciare l’elio, successivamente, al posto di dissipare i gas in una nebulosa planetaria, esse continuano a mantenere la fusione nucleare attiva, bruciando vari altri combustibili fino a che il loro nucleo arriva a temperature di 10 miliardi di gradi e al centro rimane ferro e nichel.

L’unica reazione possibile in questa condizione è la trasformazione del ferro  ma quest’ultima invece di produrre energia ne sottrae e al momento in cui ciò avviene (chiamato limite di Chandrasekar) la stella si raffredda improvvisamente, passando da una temperatura di 10 miliardi di gradi ad una di 100 milioni.

In questo momento le particelle di gas non riescono più a reggere la struttura, che collassa verso il centro.

In questi gas ci sono ancora tracce di idrogeno ed elio che comprimendosi bruscamente creano elementi più pesanti del ferro (tra cui cobalto, uranio, nichel, piombo, iodio, tungsteno, oro e argento) e gli stessi elementi di cui siamo composti noi esseri umani (carbonio, calcio, ecc…).

Innescate queste nuove reazioni di combustione la stella non ha però il tempo di espandersi in modo graduale e finisce quindi per esplodere scagliando nello spazio tutto il suo materiale.

Ora la stella è diventata una supernova, un’enorme esplosione con al centro una stellina di pochi chilometri di raggio con densità circa un milione di miliardi di volte quella dell’acqua.

La stella è così densa perché elettroni e protoni vengono incollati assieme per formare neutroni stabili, per questo la stella viene chiamata “stella di neutroni”.

Un cucchiaino della materia di cui è formata potrebbe arrivare a pesare addirittura quintali.

Ci sono stelle di neutroni che hanno l’asse di rotazione e l’asse del campo magnetico inclinato l’uno rispetto all’altro.

Queste stelle si chiamano Pulsar e ogni volta che la stella ruota sfuggono dai due poli gli elettroni liberi, che si muovono lungo le linee di forza del campo magnetico ed emettono una radiazione chiamata “radiazione di sincrotrone”.

Tutte le volte che vediamo uno dei poli diretto verso di noi osserviamo una forte emissione di onde radio, che ci giunge quindi ad intervalli regolari.

Queste stelle girano vorticosamente con periodi di qualche secondo o addirittura di qualche centesimo di secondo.

Se la massa della stella che va a collassare è almeno 25 volte quella del Sole la gravità è talmente grande che non si forma una stella di neutroni ma si crea un buco nero, ovvero una zona molto piccola ma molto densa e con una fortissima attrazione gravitazionale da cui nemmeno la luce riesce ad uscire.

Questo perché la velocità di fuga (ovvero la velocità che una particella dovrebbe impiegare per sfuggire alla gravità del corpo) è superiore alla velocità della luce quindi, siccome quest’ultima è un limite inviolabile, niente, neppure la luce non riesce ad uscire da un buco nero.

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Le supernovae sono state suddivise in gruppi dai cosmologi in base agli elementi che compaiono nello spettro elettromagnetico, in particolare in base alla presenza o assenza di righe dell’idrogeno.

 TIPO 1

Queste non contengono elio e mostrano solo righe di assorbimento nel silicio.

Non si originano da stelle singole ma bensì da due compagne che ruotano attorno ad un centro di gravità comune.

Di queste due stelle una è una nana bianca composta da carbonio e ossigeno in stato degenere con una densità ed una pressione molto elevata.

La nana bianca sottrae materia dalla compagna e cresce fino a superare il limite di Chandrasekar: questo avvia una contrazione della struttura che innesca una reazione nucleare che fonde carbonio e ossigeno in nichel e l’energia rilasciata fa esplodere la stella come fosse una bomba.

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TIPO 2

Sono originate da stelle molto massicce (almeno 8 volte la massa del Sole).

La loro energia viene prodotta dalla fusione di idrogeno in elio, di elio in carbonio, di carbonio in sodio, di sodio in magnesio e così via fino ad arrivare a produrre ferro.Poi, una volta raggiunto il limite di Chandrasekar, il nucleo si contrae velocemente arrivando a una dimensione media di 5.000 km mentre la massa esterna viene scagliata nello spazio.

A seconda della massa iniziale della stella si va a formare una stella di neutroni, una pulsar o un buco nero.

 IPERNOVA

L’ipernova è una supernova molto potente in cui vi è un rilascio di energia circa 100 volte superiore a quello delle normali supernovae.

Questa energia viene paragonata alla potenza dei raggi cosmici e si pensa che essi possano addirittura essere generati da esplosioni di queste stelle.

Queste stelle molto massicce quando collassano vanno a formare buchi neri che iniziano a vorticare rapidamente creando pericolosissimi raggi gamma.

Queste esplosioni avvengono comunque fuori dalla nostra galassia, in galassie giovani distanti da noi più di 10 miliardi di anni luce, quindi possiamo dormire sonni abbastanza tranquilli.

Da non confondere il termine NOVAE con SUPERNOVAE.

Gli astronomi antichi chiamavano “novae” stelle che vedevano brillare nel cielo dove prima non c’era nulla, e pensavano quindi si fosse accesa una nuova stella.

In realtà non è così e le novae sono stelle molto vecchie, come le supernovae di tipo 1 sono stelle nane bianche che ruotano attorno ad una compagna e da essa assorbono idrogeno.

Quando l’idrogeno è sufficiente per innescare la fusione nucleare la stella si accende e la sua luminosità aumenta improvvisamente nel giro di 2 o 3 giorni.

Dopo qualche mese (il periodo varia da 1 a 3) la stella si spegne nuovamente e la sua luminosità si abbassa di almeno 20 volte rispetto al momento del culmine luminoso.

La stella in questo processo non viene distrutta come una supernova ma è in grado di accumulare nuovamente idrogeno dalla campagna per poi riaccendersi e ripetere il suo ciclo varie volte.


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