






Il parametro principale per classificare una stella è la sua massa, ma ci sono altri metodi utilizzati oggigiorno dagli astronomi. Si usano come parametri i legami esistenti tra lo spettro e la temperatura superficiale, tra la massa della stella e la sua luminosità e infine si considera l’abbondanza degli elementi pesanti presenti sulla stella.
LA CLASSIFICAZIONE SPETTRALE
La prima classificazione in assoluto fu eseguita nel 1868 da Padre Secchi, direttore dell’osservatorio del Collegio Romano che raggruppò le stelle in 4 classi:
– quelle di colore bianche e rosse;
– quelle di colore bianco-azzurre;
– quelle gialle;
– quelle arancioni e rosse.
Questa catalogazione fu poi trovata imprecisa e venne quindi ripresa nel 1886 dall’Osservatorio del College di Harvard, di cui era direttore Edward C. Pickering. Egli voleva pubblicare il “Catalogo di Henry Draper” (il nome deriva dal finanziamento che la vedova Draper fece all’Osservatorio per intraprendere la catalogazione).
Il lavoro di catalogazione fu eseguito da un team di donne a capo del quale vi era Wilhelmina Fleming, una donna molto ambiziosa che inizialmente era la domestica del signor Pickering e che ben presto venne da lui assunta come collaboratrice dell’osservatorio.
Le stelle vennero classificate in 7 classi in base al loro spettro e alla loro temperatura superficiale. Le 7 classi sono indicate con le le lettere: O, B, A, F, G, K, M e sono divise in sottoclassi (contrassegnate da un numero posto a fianco alla lettera).
Il suo grafico poneva le stelle più calde, quelle azzurre, sulla sinistra e quelle invece più fredde di colore rosso sulla destra.
LA SCALA DELLE MAGNITUDINI
Il secondo metodo per classificare le stelle (che venne chiamato classificazione MK) è in base alla loro luminosità, introdotto nel 1943 da William W. Morgan, Phillip C. Keenan e Edith Kellman.
Con questo metodo si capi che la luminosità di una stella dipende dalla sua temperatura superficiale e anche dalla sua dimensione.
Per catalogare quindi le diverse luminosità è stata creato un grafico di classificazione:
Se vogliamo quindi avere una classificazione completa delle stelle possiamo unire i due grafici (classificazione di Harward e classificazione MK) .
Un altro metodo per esprimere la luminosità stellare è dato dalla “scala delle magnitudini” o “ grandezze stellari” o “scala di Pogson”.
Esso rappresenta la luminosità di una stella vista da Terra, quindi la sua luminosità apparente, ovvero, come dice la parola, la luce che appare a noi.
E’ una scala, inventata dai Greci ma perfezionata nella metà del diciannovesimo secolo, che esprime la luminosità non solo delle stelle ma di qualsiasi oggetto celeste.
La scala ci presenta numeri inversi in cui alle stelle più luminose viene attribuito un numero più piccolo o addirittura negativo, mentre alle stelle meno luminose vengono attribuiti invece numeri alti e positivi.
Quindi, è da tenere presente che una stella è più brillante di un’altra quando la sua magnitudine è inferiore.
Il nostro Sole, per esempio, ha una magnitudine di -26,8 perché è molto luminoso.
L’occhio umano può arrivare ad osservare, in condizioni di cielo limpido e libero da inquinamento luminoso oggetti con magnitudini di massimo 6 gradi.
Questo sistema però non fornisce le indicazioni della luminosità intrinseca della stella (ovvero quanto effettivamente la stella sia luminosa) e quindi è stato introdotto il diagramma di Hertzsprung-Russell (chiamato diagramma HR), un sistema che misura la magnitudine assoluta, ovvero la luminosità che avrebbe una stella posta a 10 parsec (32,6 anni luce) da chi la osserva.
In questo diagramma viene mostrata sull’asse delle x il colore delle stelle in ordine decrescente di temperatura (calcolata in base allo spettro) e sull’asse delle y la magnitudine assoluta (la luminosità).
Troviamo a sinistra, in basso, stelle molto piccole, molto dense, poco luminose ma molto calde (circa 30.000 °C), queste stelle sono dette nane bianche.
Nella sequenza principale troviamo stelle che bruciano idrogeno e lo convertono in elio (come il nostro Sole).
Le giganti e le supergiganti, che troviamo in alto a destra sono stelle enormi che raggiungono fino 300 raggi solari.
Sono le più luminose ma le più fredde (circa 3.000 °C).
Nel 1994 Walter Baad divise le stelle in due classi dette “popolazioni”:
– Popolazione 1: sono le stelle più giovani, si trovano sul piano della galassia e nei bracci a spirale.
Troviamo stelle brillanti azzurre molto calde e stelle più fredde (come il nostro Sole).
Sono ricche di metalli perché formatesi dalla morte di stelle precedenti.
In questa popolazione possiamo ritrovare stelle variabili chiamate Cefeidi, esse sono principalmente stelle giganti gialle con una massa intermedia, che pulsano regolarmente espandendosi e contraendosi. Misurando il periodo tra una pulsazione e l’altra, gli astronomi riescono a capire la distanza della galassia o dell’ammasso in cui esse sono contenute, e vengono perciò chiamate “candele standard”.
– Popolazione 2: sono le stelle più vecchie, si pensa abbiano una decina di miliardi di anni, esse sono presenti nell’alone galattico e in zone povere di polveri interstellari. Le stelle più grandi sono di colore rosso.
Queste sono invece povere di metalli perché si sono formate in tempi in cui nell’universo non c’erano ancora esplosioni di grandi stelle che avevano prodotto i metalli.






